Paoletta

28 luglio 2000
con i miei 33 anni il mondo è nelle mie mani:
ho un piccolo appartamento tutto mio, un lavoro, un fidanzato.
Sono nata “sana”, sono una sportiva e nessuno in famiglia ha mai avuto problemi di udito.
L’estate in città è lunga ma presto partirò per le vacanze.

Una calda giornata di agosto mi affaccio al balcone e chiamo:
“Papà è pronto da mangiare!”
Papà è pronto!
“Sto arrivando….ma sei sorda???”

E’ iniziata così la mia avventura nel mondo sommerso, la sensazione che avevo provato quando ho fatto un’immersione al mare. La vacanza è stata bella, non mi sono lasciata sfuggire l’ultimo bagno prima di partire e il raffreddore.

Il temporale ci fa “ballare” e facciamo 2 atterraggi per colpa del maltempo.
Le mie orecchie si tappano e si stappano fino all’aeroporto di  Malpensa. I fulmini minacciano il mostro di metallo e nella veloce perdita di quota le mie orecchie si tappano: aiuto! non sento più niente.

Pochi giorni dopo, la situazione non cambia e mi rivolgo al primo otorinolaringoiatra che può ricevermi il prima possibile.
Diagnosi: sono rientrati i timpani e devo fare un ciclo di insufflazioni.
Ero terrorizzata: “e se dopo non riacquisto l’udito?”
Il medico: “lo riacquisterà”.I tempi della ASL sono lunghissimi: l’appuntamento per le insufflazioni è a dicembre, prima non è possibile. Da fine settembre a dicembre è un’eternità, “come faccio a lavorare allo sportello?”

Nel frattempo sorge un terribile fischio alle orecchie (l’acufène) e inizio a non dormire, aumentano anche le crisi di emicrania di cui soffro fin dalla tenera età.

Dopo le attese insufflazioni recupero dall’orecchio destro mentre il sinistro è ancora nel silenzio più totale.
L’otorinolaringoiatra dice che il suo lavoro è stato fatto.
Non c’è altro da fare.

Inizia un  pellegrinaggio durato 2 anni tra otorini e audiologi che si fanno pagare a caro prezzo, ognuno ha una sua teoria in merito, naturalmente una diversa dall’altra. Una sola cosa accomuna tutte le conclusioni: inspiegabile la perdita uditiva.

L’epilogo di questa odissea è da un noto audiologo della mia città: non dimenticherò mai le sue parole sputate come veleno: “signorina lei non ci sente … mi innervosisco a parlare con lei … deve mettere gli apparecchi … a 40 anni sarà completamente sorda.” E dopo aver fatto una strana programmazione (io che non capivo nulla di suoni e udito dovevo schiacciare dei tasti quando sentivo i rumori) mi invia al negozio di vendita di apparecchi convenzionato.

Lì mi fanno provare per un mese due protesi digitali retroauricolari.
Il mio fidanzato appena le vede mi dice con aria schifata : “tu non hai bisogno di quelle cose!”

La prima esperienza con gli apparecchi è traumatica: suoni distorti, rumori improvvisi che mi fanno venire il crepacuore. Il passaggio di un’auto era come un tuono, gli allarmi e le sirene traumatizzanti, insomma non capivo niente e mi innervosivo.

Dopo un mese l’audiologo continuava a dire “impossibile che lei non abbia un guadagno uditivo” e si arrende solo dopo le prove con la logopedista.

Sono disperata, tutto va a rotoli: il lavoro, la vita e le relazioni sociali.

Sul lavoro mi umiliano in tutti i modi: il capo del personale mi annulla un corso in un’altra città perché sostiene che non  sono in grado di attraversare la strada perché non sento le auto. Se dovessi andare sotto ad una macchina il datore di lavoro avrebbe problemi con l’INAIL.

Vado verso uno stato di depressione ma non mi arrendo: cerco aiuto ovunque e navigo per ore su internet.
Tante richieste di aiuto senza risposta.
Casualmente trovo che tra gli enti preposti alla tutela dei non udenti c’è la Provincia.
Vado subito sul sito della mia Provincia e invio una richiesta di aiuto.
Ricevo una lettera che mi convoca dal Dirigente, finalmente qualcuno che mi tende una mano! Il Dirigente della Provincia della mia città mi presenta il loro Consulente.
Mi è molto di aiuto, comprende tutte le mie difficoltà nella comunicazione e mi dà consigli utili.
Mi coinvolge in iniziative che riguardano persone non udenti e mi mette in contatto con ragazzi della mia età che portano le protesi acustiche. Una ragazza in particolare mi dedica 2 ore del suo tempo per spiegarmi come si vive da “protesizzata”.
E’ molto bella, è laureata e ha un buon lavoro, mi fa capire che perdere l’udito non vuol dire essere “interdetta” come mi aveva detto ad alta voce il mio capo del personale.
Il Consulente si interessa del mio caso e ne parla con un esperto che si occupa di ricerca in campo acustico e di produzione di apparecchi ad alta tecnologia su misura.

Mi propone una “gita” per una consulenza gratuita ma io sono molto perplessa, ho molti dubbi. Andare fin là, dall’esperto, per me è molto scomodo. Avevo sentito altri ragazzi che si erano trovati bene in quel centro. Avevo una collega di un’altra città che continuava ad insistere affinché ci andassi, lei si era trovata molto bene lì. Poi il Consulente mi propone una data, accetto, mi fido.
Una gita ha cambiato il mio destino: un ingegnere con la sua pacatezza e poche parole mi dice: “io posso aiutarla” e mi lancia una sfida. Io le dò questi apparecchi da provare. Se fra 3 mesi non è soddisfatta mi restituisce gli apparecchi e io le ridò i suoi soldi.
Mi offre anche un sistema di pagamento adatto alle mie misere entrate e mi fa anche uno sconto per venire incontro alla mia situazione economica critica (ho altre malattie e tante spese sanitarie). Mi fa anche vedere gli apparecchi di nuova generazione, “impermeabili”, incredibile! Gli apparecchi sono piccoli e quasi sono totalmente invisibili perché stanno dentro l’orecchio. Io, ragazza giovane, sono colpita da questa differenza estetica rispetto alle altre protesi acustiche che mi erano state mostrate in altri centri.

Sin da subito ho la percezione di suoni familiari e un guadagno uditivo e decido di accettare la sfida dell’ ingegnere.

Mi assiste una ragazza che inizia un lavoro di programmazione attento e minuzioso. Mi “innamoro” della sua dolcezza, lei è anche un po’ psicologa e comprende le umiliazioni che si provano quando ci si trova in situazioni di “non ascolto”, in parole povere quando la gente ti considera “stupida” solo perché non comprendi quello che è stato detto, e non lo comprendi perchè non l’hai udito correttamente, e rispondi “Roma per toma”.

Il lavoro di programmazione è particolarmente difficile. Io e lei a volte piangiamo e a volte ridiamo. Le mie esigenze lavorative richiedono tante tipologie di ascolto: lavoro al centro di un open space aperto al pubblico dove la gente parla, i telefoni suonano incessantemente. Vado poi a riunioni dove ci sono tanti tavoli e uomini con i baffi che parlano a bassa voce, partecipo a seminari dove i relatori parlano al microfono.

Il lavoro di programmazione dura due anni, giornate di ferie, levatacce alle 5 del mattino per andare dall’ingegnere ma ne vale la pena. Poi la grande notizia: il centro apre una filiale a 50 km da casa mia, fantastico! Là ritrovo i “tecnici” che mi conoscono e qualche volto nuovo.

Vado periodicamente per la manutenzione ma i miei apparecchi che tanto odiavo ora sono parte della mia persona. Non riesco più a fare a meno di loro perché mi aiutano nelle relazioni sociali. Certo non sostituiscono quello che è la perfezione umana. L’udito naturale, e io l’ho provato, è una cosa fantastica e purtroppo non ce ne capacitiamo finchè non l’abbiamo perso.

Con gli apparecchi ho ricominciato pian piano a riprendere la mia vita che era drammaticamente cambiata a 32 anni. Riesco, anche se con qualche difficoltà, ad andare al cinema, a teatro, ad andare a corsi e soprattutto a lavorare, cosa che mi consente di mantenermi.

Questa esperienza mi ha segnato profondamente. Devo tanto a tante persone e sono sicura che anche loro non mi dimenticheranno.

Paoletta