Lo screening universale dei neonati: la promessa e la realtà

David Luterman
, 2000

E’ stato il lungo sogno della nostra professione lo screening uditivo dei neonati basato sul presupposto che la diagnosi precoce ed il precoce intervento possono e vogliono minimizzare le conseguenze negative della sordità infantile. Con l’avvento dell’ABR automatico e del test OAE, il sogno potrebbe diventare tecnologicamente realtà. Le nostre associazioni nazionali sono diventate entusiaste sostenitrici della legislazione promotrice della creazione degli screenings universali per tutti i neonati.
Bess e Paradise (1994) suggerivano che, nonostante le nostre capacità tecnologiche – la nostra professione non era pronta a gestire le conseguenze dello screening universale. Bess e Paradiso erano ulteriormente preoccupati per gli elevati tassi di falsi positivi e la mancanza di personale qualificato per gestire le famiglie dei bambini individuati (a rischio).
Il N.I.H. (National Institute of Health – US) Consensus Statement (1993) che aveva autorizzato lo screening di neonati era stato anche attento ad affermare che i programmi di screening non dovrebbe essere istituiti a meno che non sia stato predisposto un buon programma di gestione.
Ora, nel 2000, quasi sette anni più tardi, abbiamo accumulato dati relativi ai risultati dei primi programmi di screening che indicano chiaramente che Bess e Paradiso erano stati profetici e che infatti, l’avvertimento del gruppo del NIH non era stato ascoltato.
Recenti studi hanno indicato:
1. Tassi di falsi positivi oscillano fra 50 e 90 per cento (Mehl e Thomson, 1998, Mason & Hermann, 1998). È evidente che questi falsi positivi sono significativi e possono essere fonte di enorme e ansia, paura e tensione per la famiglia.
2. Inoltre, Arehart et. al. (1998) ha stabilito che di 16 stati con i programmi di screening neonatale, solo il quindici per cento dei siti riportava che l’età media di conferma (della perdita di udito) era nei primi tre mesi di vita. Inoltre, solo il quindici per cento indicava che l’età media di intervento era entro i primi sei mesi di vita.

Gli studi precedenti indicano che stiamo inviando a casa gran numero di neonati e di genitori con l’idea sbagliata che hanno un bambino sordo. Inoltre, delle famiglie che in realtà hanno un bambino sordo, l’85 per cento di questi non ottengono un intervento prima dell’età di sei mesi.
Pertanto, mi chiedo se abbiamo effettivamente fatto più danni attraverso un gran numero di false identificazioni positive – o meglio attraverso un piccolo numero di interventi precoci? Questo è chiaramente un fallimento di gestione. Sono i bambini ipoacusici e sordi migliori dopo l’avvento dello screening universale? Sembra così difficile.
Il costo dello screening universale sia in termini monetari che emozionali sono notevoli, mentre il "mondo reale" deve ancora determinare i benefici. E’ probabile che alcune famiglie siano effettivamente danneggiate emotivamente a causa del tasso elevato di falsi positivi e il lungo periodo di tempo tra l’identificazione vera e l’intervento. Inoltre, alcune persone potrebbero perdere la fiducia nel personale medico e audiologico come conseguenza di una prima, spesso imprecisa introduzione alla nostra professione.
Credo che in questo momento, sarebbe meglio per la nostra professione concentrare le nostre energie sullo sviluppo di componenti di gestione dei programmi di screening universale, invece di promuovere screening universale, in assenza di protocolli, ben definiti e basati sui risultati, di gestione clinica ed emotiva.
Una volta che avremo il "management team" qualificato e disponibile, potremo realizzare sia il sogno che la promessa dello screening universale.

testo originale in inglese su audiologyonline qui
traduzione a cura di Enrica Rèpaci

David Luterman

Il Dr. Luterman è professore emerito di Patologia della comunicazione all’Emerson College di Boston e direttore della Thayer Lindsey Family Centered Nursery per bambini ipoacusici. Ha dedicato la sua carriera allo sviluppo di una maggiore comprensione degli effetti psicologici ed emotivi associati a disturbi dell’udito e del ruolo dei caregiver in modo da incoraggiare i professionisti nel campo dei disturbi della comunicazione ad integrare le strategie di consulenza nelle loro interazioni cliniche. Egli è pienamente riuscito a tradurre questa consapevolezza in un modello di counseling che permette di contenere e influenzare lo scambio. Ha tenuto conferenze e scritto molto su counseling e sordità negli Stati Uniti, in Canada e all’estero. E’ membro dell’American Speech and Hearing Association (finalità: rendere la comunicazione efficace, un diritto umano, accessibile e raggiungibile per tutti) ed è autore di:

Counseling Parents of Hearing Impaired Children (1979,Little Brown),

Deafness in Perspective (1986, College Hill),

Deafness in the Family (1987,College-Hill),

In the Shadows (1995, Jade Press),

When Your Child is Deaf (2001,York Press),
The Young Deaf Child (1999,York Press),
Early Childhood Deafness Edited with Ellen Kurtzer- White (York Press, 2001),

Hearing Loss in Children: A Family Guide ( Auricle Ink Press,2006), qui
Counseling Persons with Communication Disorders and Their Families 5th edition (2008), Pro-Ed)

"Counseling Parents of hearing Impaired children" è stato pubblicato in italiano con il titolo: "Il counseling per i genitori dei bambini audiolesi", da Edizioni Tecniche a cura del CRSA – Centro Ricerche e Studi Amplifon, 1979§

Così scriveva Luterman nell’Epilogo del suo libro:

< Mentre rileggo ciò che ho scritto per evitare ripensamenti del tipo – avrei dovuto scrivere … – , mi accorgo di quanto rivoluzionario sia il cambiamento che auspico nel campo dell’educazione speciale, insieme al bisogno concomitante di counseling per i genitori. Chiedo e cerco uno spostamento del potere, sia sul piano personale che politico. Mi sembra che il campo dell’educazione dell’handicappato sia dominato da filosofie nozionistiche e comportamentali, con il potere decisionale chiaramente in mano alle istituzioni scolastiche e alla burocrazia politica. Se verranno seguiti i precetti umanistici suggeriti in questo libro, il potere ritornerà ai genitori, agli studenti dei corsi di addestramento ed agli stessi handicappati; a tutti loro verrà concessa maggiore influenza nel determinare il loro futuro. … Se la rivoluzione umanistica sarà portata fino in fondo, le persone coinvolte nel sistema, finalmente affrancate, otterranno i loro diritti e la burocrazia si orienterà sull’individuo invece che sull’istituzione; gli insegnanti svolgeranno la loro opera per e con gli studenti invece di imporla; i burocrati concederanno ai genitori di esercitare un reale potere all’interno del sistema. La rivoluzione che ho in mente non sarà una rivolta sanguinosa (anche se si attuerà con molti contrasti) ma piuttosto quella che Rogers (Rogers C., On personal Growth, NY, 1977) chiama la "rivoluzione tranquilla" e cioè:
– il medico che dedica ai genitori un tempo adeguato e li ascolta realmente
– il direttore scolastico che sollecita attivamente l’opinione dei genitori e ne tiene conto
– l’insegnante che strappa il suo programma e lascia che gli studenti guidino il proprio insegnamento
– l’insegnante che considera il bambino ed i suoi genitori più importanti delle questioni metodologiche
– l’insegnante che si preoccupa della salute psicologica del bambino
– il programma didattico che viene elaborato per il bambino più che per il sistema
– i genitori che rifiutano di farsi intimidire dalla scuola e svolgono un ruolo attivo nell’educazione del proprio figlio
– il programma di addestramento dell’operatore che pone maggior importanza sulle abilità nei rapporti interpersonali
– il professionista che dà la stessa importanza alla sua maturazione personale ed all’acquisizione delle tecniche professionali
– le persone che si battono senza timori per quello in cui credono.
Uno degli scopi principali di questo libro era quello di organizzare e chiarire gli ultimi tredici anni delle mie esperienze professionali e della mia maturazione personale; la stesura di quest’opera è servita molto allo scopo. Un altro obiettivo era quello di incitare il lettore ad osare di essere diverso, a cominciare a rispondere "Perchè no?" a vari tipi di domanda e di considerare i genitori dei bambini handicappati in modo diverso. L’elogio di Adlai Stevenson per Eleanor Roosevelt "Ella non si è mai lamentata dell’oscurità; ha acceso delle candele", mi ha ispirato nel mio lavoro e spero che anche questo libro incoraggerà qualche lettore ad accendere le sue candele.>