Emmanuelle Laborit, "Il grido del gabbiano", Rizzoli Editore, Milano 1995

Nove mesi di vita e una diagnosi inequivocabile. La piccola Emmanuelle è sordomuta in forma grave. Si sforza di farsi capire, ma è in grado di emettere solo incomprensibili grida, come un uccello marino, un gabbiano che plana sull’oceano. Un muro invisibile la separa dagli altri, costringendola a d un isolamento profondo, punteggiato da momenti di terrore. La sola persona con cui riesce a comunicare è sua madre, con un linguaggio “ombelicale” fatto di mimica e gesti, un codice particolare, istintivo, segreto. Eppure Emmanuelle ha una sensibilità profonda, acutissima. Avverte i rumori sotto forma di vibrazioni, sente la musica con il corpo, ne percepisce il magico ritmo. E ha già un carattere indipendente, volitivo e cocciuto, accentuato dalla solitudine, dal silenzio, come racconta lei stessa in questa autobiografia “fino a sette anni non ci sono parole né tantomeno frasi nella mia testa. Solo un caos di immagini senza alcun rapporto tra loro”…

A sette anni, la svolta. Il suo universo esplode di colpo: impara il linguaggio dei segni, qualcosa che fino a quel momento le è stato precluso, perchè in Francia è un metodo controverso e non ancora ufficialmente riconosciuto a livello istituzionale. Impara ad esprimersi liberamente, creando arabeschi nello spazio. Una suggestiva danza di parole nell’aria, la chiave per aprire la porta che la separa dal mondo: per lei è una rivoluzione. Recupera velocemente il tempo perduto apprendendo, studiando. Poi nell’adolescenza tutto si capovolge. Al disorientamento tipico della sua età si aggiunge la ribellione, perchè si vede negare un’identità come sordomuta. Si chiude di nuovo in se stessa, va alla deriva, vive una difficile storia d’amore ma, lucida e fortemente determinata, reagisce e decide di lottare. Si laurea, combatte per difendere i suoi diritti, per tutti quelli che soffrono del suo stesso handicap. Diventa attrice teatrale imponendosi trionfalmente nella pièce “Les enfants du silence”, entusiasmando la Francia con la sua grazia e il suo talento…

Consegue il prestigioso Premio Molière nel 1993. Ora tutti se la contendono: ha appena terminato di girare un film e tornerà presto sul palcoscenico per interpretare un adattamento dell’Antigone di Sofocle. E’ ospite fissa di una trasmissione televisiva molto seguita. La sua commovente testimonianza è la storia di una delle più difficili sfide mai affrontate nell’era della comunicazione. Emmanuelle Laborit, nipote del grande biologo Henri Laborit, figlia di uno psichiatra, vive a Parigi. E’ direttrice amministrativa e artistica dell’International Visual Theatre.

http://www.ivt.fr/